The Elder Scrolls 2 – Daggerfall (1998, Bethesda Softworks LLC)

Daggerfall è il secondo capitolo della saga “Elder Scrolls”; pubblicato due anni dopo il primo, presenta poche innovazioni estetiche e qualche modifica nello schema di gioco.

La premessa di questo nuovo capitolo è rappresentata dal fatto che – nelle intenzioni dei programmatori – questa volta la storia la deciderà il giocatore: dovrebbe essere questa l’essenza del puro gioco di ruolo, ovvero calare il giocatore in un dato ambiente, popolato da varie comparse, in cui egli può liberamente muoversi, avviandosi magari verso un finale a cui l’autore non aveva nemmeno pensato. Per questo motivo, gli autori del gioco consigliano di evitare la strategia del “salvataggio facile” (che consiste nel memorizzare continuamente i propri progressi per poter tornare indietro qualora le cose volgessero al peggio), ma di lasciare che la storia si dipani anche a seguito di errori o distrazioni.

L’imperatore in persona nel filmato introduttivo

La storia di Daggerfall è quasi banale: Uriel Septim, dopo essere stato da voi salvato dall’incantesimo di Jagar Tharn nel primo capitolo della saga, vi convoca nella sala delle udienze, illuminata soltanto da un’unica candela. L’udienza è segreta, e ha ad oggetto il Re Lysandus di Daggerfall, morto l’anno precedente in battaglia: nonostante la sua lealtà e il suo valore, pare che il suo spirito non riesca a riposare in pace; spetterà a voi accompagnarlo nelle zanne di marmo dell’Oblio (Oblivion). Il Re ha però in serbo un’altra richiesta, di secondaria importanza (a suo dire): tempo prima aveva spedito una lettera di natura sentimentale alla regina Mynisera di Lysandus, la quale però gli ha fatto sapere di non averla mai ricevuta. Il vostro compito sarà quello di intercettare la lettera e distruggerla. Comincia così il vostro viaggio verso la Iliac Bay a Daggerfall. La vostra destinazione è ancora lontana, quando venite sorpresi da una tempesta improvvisa e violenta, che vi scaraventa sugli scogli; mentre affondate riuscite ad intravedere l’ingresso di una caverna…

Ecco la caverna in cui vi troverete all’inizio dell’avventura: ne avrete presto la nausea!

Ed è in questa caverna che comincia il gioco. Prima di entrare in azione dovrete procedere alla generazione del vostro “alter-ego” digitale, selezionando la classe, la razza e la “biografia”. Vi verrà poi presentato l’elenco delle qualità (attributes) del personaggio ed i valori corrispondenti (calcolati dal programma in base alle scelte effettuate in precedenza), che possono essere incrementati assegnando loro alcuni punti bonus che il gioco mette a disposizione; infine, verranno elencate le abilità, ciascuna delle quali collegata e dipendente da una delle qualità esposte in precedenza. Le abilità sono suddivise in “principali” (primary), “importanti” (major) e “minori” (minor): per incrementarne il livello bisognerà praticarle, e più sono importanti più sarà rapido l’incremento relativo. Ci sono anche delle abilità marginali, chiamate “miscellaneous“, incrementabili anch’esse (ma più lentamente delle altre) mediante la pratica. E’ quindi importantissimo scegliere con attenzione a quale categoria assegnare ciascuna abilità, per poter proseguire più agevolmente nel gioco, anche perché l’avanzamento di livello è strettamente collegato allo sviluppo di quelle “principali” e “importanti”. Anche in questa fase è possibile assegnare dei punti bonus messi a disposizione dal gioco. Questo sistema di progressione rappresenta una delle più grandi innovazioni rispetto al primo capitolo, in cui bastava semplicemente guadagnare esperienza per poter migliorare in maniera generica i vari parametri dell’eroe.

La cartina dell’Impero di Tamriel

Torniamo alla caverna in cui vi siete rifugiati per sfuggire alla tempesta: vi trovate completamente disarmati, alla mercé delle numerose creature che popolano il luogo. L’azione viene rappresentata in prima persona, con un sistema di movimento e combattimento che riprende pedissequamente quello del capitolo precedente, arricchito però di nuovi, farraginosi comandi: il nostro personaggio può accucciarsi, saltare, correre, arrampicarsi e nuotare. Anche la gestione dell’inventario (a cui si accede tramite un pulsante nella pagina del personaggio) è parecchio macchinosa, e richiede un bel po’ di pratica (e qualche occhiata al manuale di istruzioni) per poter essere utilizzata agevolmente.

Si può gestire il proprio personaggio attraverso questa schermata

La rappresentazione grafica ricalca anch’essa quella di Arena, pur con diversi miglioramenti estetici resi possibili dalla maggior potenza delle macchine di quel periodo; in particolare, i personaggi “umani” sembrano digitalizzati, anche se qualunque oggetto – in movimento e non – tende a trasformarsi in una montagna di pixel se inquadrato troppo da vicino. Il sistema di combattimento è identico a quello utilizzato nel primo capitolo: i vari colpi vengono eseguiti premendo il pulsante destro del mouse e muovendo il dispositivo nella direzione corrispondente, come se si stesse effettivamente “mimando” l’attacco. E’ possibile anche utilizzare la magia (disponendo della “magicka” necessaria, ovviamente), grazie all’apposito libro su cui il gioco annoterà gli incantesimi che acquisirete durante le vostre imprese.

Le mappe, in Daggerfall, sono più complesse rispetto a quelle di Arena: mentre nel primo capitolo i sotterranei venivano rappresentati un piano alla volta (come nei classici alla Dungeon Master), in Daggerfall ognuno di essi è costituito da un’unica (spesso enorme) mappa tridimensionale; questo tipo di attuazione rende però meno immediato l’utilizzo della mappatura automatica, anch’essa rappresentata in tre dimensioni: il più delle volte è più semplice percorrere il sotterraneo adottando il classico sistema della “mano sulla parete”, piuttosto che cercare di girare ed orientare correttamente la mini-mappa. Il fatto che molti di questi sotterranei vengono generati in maniera procedurale dal programma complica ulteriormente le cose: a volte i vari personaggi non giocanti ci daranno l’incarico di rintracciare un personaggio in uno di questi sotterranei, e portarlo fuori entro un tempo limite; immaginate la frustrazione di non riuscire a trovare l’uscita, persi tra scale e corridoi tutti uguali, e popolati da creature che, più che per aggredirvi, sembrano essere state messe lì per farvi perdere la strada! I programmatori hanno inoltre scelto di far cominciare il gioco proprio all’interno di un sotterraneo: alla mia prima partita ci ho messo circa tre ore (distribuite in varie sessioni) per riuscire a trovarne l’uscita (e ho perfino dovuto consultare una guida sulla rete internet!).

Gli esterni sono molto pittoreschi

Fortunatamente, buona parte del gioco è ambientata “all’aperto”: il mondo di Daggerfall (sebbene – come già anticipato – gli spazi aperti e gran parte dei sotterranei siano costruiti in maniera procedurale) è vastissimo, ed è facile perdervisi se si decide di non seguire la missione principale. I programmatori hanno scelto di rendere la vita del giocatore il più realistica possibile: non ci si può fermare a bighellonare in città durante le ore notturne, non si può neanche mettere un dito su oggetti di cui non si è proprietari (a parte quelli abbandonati dai mostri abbattuti, ovviamente), e tante altre piccole limitazioni che rendono Daggerfall poco adatto ai cosiddetti “casual gamers”: del resto, anche nel manuale viene spiegato chiaramente che l’approccio non dovrebbe essere quello di ricaricare l’ultimo salvataggio non appena qualcosa va storto: “Giocare un ruolo non si basa sull’effettuare la partita perfetta. Si basa sulla costruzione di un personaggio e sulla creazione di una storia. Bethesda Softworks ha lavorato molto duramente per rendere The Elder Scrolls: Daggerfall un gioco che non richieda al giocatore di rigiocare i propri errori. Tutte le avversità possono essere superate, ad esclusione dell’effettiva morte del personaggio. Di fatto, non vedrete mai alcuni degli aspetti più interessanti del gioco a meno che non giochiate attraverso i vostri errori. Se il vostro personaggio muore, rimane bloccato in un sotterraneo, o avvengono degli altri eventi veramente catastrofici, ritornate assolutamente al vostro ultimo salvataggio e rigiocatelo. Tuttavia, se il vostro personaggio viene colto a borseggiare, se una missione va storta, o avviene qualche banale contrattempo, fate andare avanti il gioco. Rimarrete sorpresi da cosa succede dopo“. Questo, ovviamente implica il prendere continuamente appunti, per non perdere il filo, soprattutto se avete diverse missioni in sospeso (nel gioco c’è un diario automatico, ma non è di grande aiuto). Per evitare che il giocatore ci prenda gusto a riprendere i salvataggi precedenti, i programmatori hanno anche pensato di ridurne il numero: in Daggerfall (un gioco a dir poco enorme, ci tengo a ricordarlo), potete salvare soltanto sei posizioni diverse

E’ buona norma interrogare gli abitanti del luogo, per ottenere informazioni utili

L’interfaccia è molto complessa, ma contiene tutti i comandi e le possibili azioni che potete intraprendere nel gioco. Ciò che è diventato davvero più macchinoso è la gestione dell’inventario: insomma, è un gioco da studiare a fondo, prima di poterne trarre un minimo di divertimento. La cosa migliore da fare probabilmente è guardarsi intorno, evitare di fossilizzarsi sulla missione principale (almeno all’inizio) e mettersi ad esplorare il mondo di gioco, per capire come muoversi. Daggerfall, in sintesi, è un prodotto per adulti, sia per la sua complessità che per la presenza di scene di nudo e violenza; richiede tempo per essere appreso, e tanta dedizione per essere apprezzato. Se l’avessi avuto all’epoca ci avrei sicuramente speso parecchio tempo, ma al giorno d’oggi, a malincuore, sono stato costretto ad abbandonarlo dopo poche ore di gioco: del resto anche la grafica – sempre tridimensionale, ma a poligoni “rivestiti” da disegni a due dimensioni – appare molto datata, pur rappresentando un buon passo avanti rispetto ad Arena, soprattutto per quanto riguarda la rappresentazione dei personaggi; il sonoro invece è rimasto pressoché invariato, dato che contiene numerosi brani ripresi pari pari dal capitolo precedente… Il mio consiglio è di farci un giro veloce, e passare direttamente al capitolo successivo, “Morrowind”, uno degli episodi migliori della saga.

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