Angels Fall First (1997, Nightwish)

Ho conosciuto i Nightwish all’inizio degli anni 2000, grazie ad uno spot pubblicitario trasmesso – se non ricordo male – sulla TV tedesca via satellite “VIVA”. In quel periodo stavano venendo alla ribalta diversi gruppi musicali (provenienti in prevalenza dell’europa settentrionale) che proponevano una commistione tra heavy metal e musica sinfonica; l’unico modo per poterli ascoltare in Italia era sintonizzarsi su una TV straniera oppure cercare di scaricare i loro brani tramite programmi di condivisione “peer to peer” (come WinMX, che utilizzavo). Le prime canzoni che riuscii a trovare erano di certo le più conosciute (“Nemo”, “Century Child”, “Astral Romance”), e mi piacquero al punto da spingermi ad approfondire la ricerca: in breve tempo riuscii a ricostruire un po’ tutta la loro discografia, ripromettendomi di acquistare i loro dischi qualora li avessi trovati. La ricerca fu più difficile del previsto: negozi di dischi nella mia città ormai non ce n’erano più, e l’unico album che riuscii a trovare dopo aver girato un po’ fu “Highest Hopes” (una raccolta in edizione economica), che comprai al volo. Quello che mi appresto a recensire, “Angels Fall First“, è il disco d’esordio dei Nightwish, che acquistai – usato – al modico prezzo di sei euro, presso “Saturn”, uno dei più bei negozi di dischi di Bari, che purtroppo ha chiuso qualche anno fa.

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L’elenco dei brani del CD e la presentazione del gruppo presente sul retro del libretto.

“Angels Fall First” è un’efficace sintesi della “poetica” di Tuomas Holopainen, tastierista e fondatore dei Nightwish. Ad affiancarlo, in quest’opera prima, il chitarrista Erno “Emppu” Vuorinen (che si occupa anche delle parti di basso) e l’amica – amata Tarja Turunen al canto, oltre al batterista Jukka Nevalainen, aggiuntosi al nucleo originario per le registrazioni del disco (e rimasto nel gruppo fino al 2014).

L’album si apre con “Elvenpath“, un viaggio onirico lungo i sentieri percorsi dai personaggi delle leggende e della letteratura fantastica cari all’autore: è un brano heavy metal, con un riff inizialmente suonato da una tastiera, ripreso poi dalla chitarra elettrica accompagnata dalla batteria. A dispetto dell’argomento trattato, musicalmente è la canzone più “dura” dell’album, soprattutto nel ritornello, quando la velocità della parte ritmica raddoppia. Molto interessante la transizione tra l’ultimo ritornello e la coda, caratterizzata da un inciso molto cupo, a cui segue un assolo di chitarra costruito sul giro armonico del riff introduttivo, che purtroppo si conclude in maniera un po’ frettolosa. A tema fiabesco è anche il secondo brano del disco, “Beauty and the Beast“, ispirato all’omonima favola, in cui l’autore duetta con Tarja Turunen; il brano ha uno sviluppo non lineare, si apre con un’introduzione strumentale, sul cui giro armonico verranno poi costruite la strofe, che vedranno alternarsi la voce maschile e quella femminile in una sorta di dialogo teatrale; la seconda parte scende di tonalità e rappresenta uno sviluppo cupo della favola, in cui le parole della “bella” suonano ipocrite, portando la bestia ad inasprire i propri sentimenti: “Per sempre il lupo che è in me desidererà l’agnello che è in te”: è il tema della purezza (idealizzata) eternamente bramata, che tornerà di prepotenza anche nei dischi successivi.

Lo stesso tema, accanto a quello religioso – spirituale, viene trattato nel brano successivo, “The Carpenter“, primo singolo estratto dal disco. Il falegname del titolo è un chiaro riferimento a Gesù Cristo, sulla cui figura l’autore si interroga (“Chi sei, Uomo condannato ad illuminare una salvezza attraverso i secoli”; “Perché il vino del Sacro calice era troppo amaro per essere bevuto dall’uomo?”). La parte finale, cantata da Tarja Turunen, sembra riferirsi ad un’altra figura evangelica, Maria Maddalena (“Mi dicono di sdraiarmi sull’erba ad osservare il mio Salvatore crocifisso (…)”). Mi è difficile dare un senso compiuto al testo di questa canzone (nel cui ritornello si parla della “tomba di un milite ignoto” su cui sarebbero deposti “gli attrezzi di Colui che per noi è morto”), ma il tema religioso sarà sempre presente, in maniera più (come in “Gethsemane”, nel secondo album) o meno evidente anche in parecchi brani pubblicati successivamente, fino all’improvviso “cambio di rotta” documentato dall’ultimo (per ora) album “Endless Forms Most Beautiful”, incentrato sulla teoria evoluzionista di Charles Darwin e Richard Dawkins.

Astral Romance” è uno dei brani di punta dell’album: caratterizzato da una potente introduzione che richiama “Comfortably Numb” dei Pink Floyd, parla di una storia d’amore a “distanza cosmica”, e sembra una sorta di preludio ad un’altra canzone dell’album, “Tutankhamen”: il tema dell’egittologia sparirà completamente dopo il secondo disco dei Nightwish, anche se “Astral Romance” verrà ripubblicato nell’album dal vivo “Over the Hills and Far Away”, con un arrangiamento leggermente diverso e con la presenza, alla voce maschile, di Tony Kakko al posto di Tuomas Holopainen.

Il quinto brano, “Angels Fall First” è una ballata acustica, in cui chitarra e flauto si alternano su di un sottofondo di archi (emulati da una tastiera). E’ qui che la voce di Tarja Turunen emerge in tutta la sua espressività. Anche questo brano, come quello di apertura, si incupisce verso la fine, dopo due bellissimi assoli di chitarra acustica e flauto, rimanendo quasi sospeso.

Tutankhamen” si apre con un riff orientaleggiante, ma si tratta di un pezzo musicalmente molto duro, con un incedere martellante. Il testo, che parla di una “sacerdotessa” che custodisce per tremila anni la tomba del faraone nella speranza di potersi ricongiungere a lui, è abbastanza trascurabile, ed anche un po’ ingenuo negli ultimi versi (“Mi ci sono voluti tre millenni per sorvegliare il tuo riposo, il tuo assopimento (1) nel maestoso nido della Fenice, ma stanotte l’oscurità nella tomba si è estinta, perché Carter è venuto a liberare il mio amato”).

Nymphomaniac Fantasia” esordisce in modo suggestivo, con chitarra acustica e flauto, ma presto si trasforma in una ballata rock in cui spicca un riff (di tastiera) molto accattivante. Per il resto, non c’è molto da segnalare, a parte alcuni versi particolarmente imbarazzanti (forse anche per via dell’inglese un po’ approssimativo con cui sono scritti)…

Know Why the Nightingale Sings” è un onesto brano heavy metal, con un riff poco originale ma di grande efficacia; degna di nota, l’ottima parte di chitarra solista, una delle migliori prove di Emppu su quest’album.

La parte più bella del disco, però, è a mio avviso rappresentata dall’ultimo brano, “Lappi“, una suite di ben nove minuti dedicata alla Lapponia: si apre con un’introduzione suonata da tre chitarre acustiche, alla quale fa seguito una struggente strofa cantata (in finlandese) su di un suggestivo sottofondo di flauto e tastiere; la seconda parte (intitolata “Witchdrums”) è caratterizzata da una sequenza di tamburi che accompagna un riff di tastiera inquietante ed affascinante allo stesso tempo; i tamburi lasciano poi spazio ad un ritmo di batteria lento e scandito, sul quale la voce di Tarja si produce in una tetra cantilena che parla di notti fredde ed infinite; una breve frase di pianoforte interrompe la cupezza di questo momento ed introduce una coda che è una sorta di inno potente ed evocativo. La chitarra acustica ritorna nell’ultima parte, lanciandosi, dopo un’introduzione in cui accompagna il canto, in un breve tema virtuosistico nel quale finalmente Emppu ha la possibilità di spiccare sul resto del gruppo.

Nell’edizione rimasterizzata del 2002 è possibile anche ascoltare una bonus track, “A Return To The Sea“, che testimonia l’interesse di Tuomas Holopainen per la biologia (quella marina in particolare); il brano è una ballata molto enfatica, che parla della rivincita della natura sull’uomo (non posso fare a meno di citare il solito “anticlimax” situato verso la fine del brano: “Gocce di mare schiumano (lungo) tutti i vuoti teschi umani/quelli sulle rive di Atlantide/la resurrezione di Darwin è testimoniata/da tartarughe con cui era solito giocare”).

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La mia collezione di dischi dei Nightwish.

C’è parecchia ingenuità in questo disco, soprattutto nei testi, mentre le esecuzioni sono già di buon livello, cosa difficilmente riscontrabile nella musica “leggera” dagli anni ’80 in poi. I Nightwish faranno di meglio negli album successivi, passando anche attraverso vari cambiamenti di formazione; ma il fascino di quest’album sta proprio nella sua imperfezione; nel rappresentare al meglio i sogni di un introverso tastierista del nord Europa che è riuscito, con passione, dedizione e caparbietà, a realizzare poco alla volta il grande progetto musicale della sua vita.

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Altro materiale dei Nightwish nella mia collezione.

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NOTE:

(1) (“slumber”, ovvero “sonnellino, pennichella”, che non mi sembra un termine molto poetico…)

The Vindicator! (1988, Imagine)

“The Vindicator!”, pubblicato nel 1988 dalla Ocean/Imagine, è un gioco che, in passato, non ho mai avuto il piacere di provare: infatti non è mai stato sfiorato dalla “pirateria” da edicola, e nessun mio amico o conoscente lo possedeva. Solo di recente, mentre sfogliavo il libro di Chris Wilkins “The Ocean History”, sono venuto a conoscenza della sua esistenza, e poche settimane fa (avendone mio fratello vinto una copia partecipando ad un concorso) sono finalmente riuscito a giocarci (su un vero Commodore 64, per giunta)!

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La versione da me provata è quella “economica” della serie “Hit Squad”; ritengo comunque che il gioco sia identico a quello pubblicato originariamente a prezzo pieno, per via del fatto che nella schermata di caricamento vi è ancora il riferimento ad una fiera a cui la Ocean avrebbe partecipato a ridosso della prima uscita.

“The Vindicator!” è il seguito (probabilmente apocrifo) di “Green Beret” della Konami, convertito per Commodore 64 dalla stessa Imagine nel 1986, ed è ambientato in un futuro fantascientifico in cui una terribile razza aliena ha soggiogato la Terra e i suoi abitanti. Ovviamente voi “interpretate” l’eroe di turno, e sarete impegnati in una missione impossibile il cui scopo è distruggere il capo delle forze nemiche, il terribile Gog. Per poter raggiungere il suo covo dovrete però passare attraverso tre fasi, ognuna caratterizzata da un’impostazione grafica e da uno schema di gioco completamente diverso rispetto alle altre.

PRIMA FASE (THE COMPLEX)

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Non siamo in ospedale, e possiamo (dobbiamo) correre per i corridoi!

Nella prima fase vi trovate all’interno della prima fortezza nemica, e dovrete attivare dodici computer, ognuno dei quali vi indicherà la posizione di una parte dell’ordigno che i vostri nemici stanno assemblando. Una volta recuperati tutti e dodici i pezzi, passerete alla fase successiva. Il vostro compito non è facile come sembra: la fortezza si estende su quattro piani composti da tortuosi corridoi tramite i quali avrete accesso a varie stanze: in alcune di esse potrete trovare tessere colorate, che vi serviranno per far funzionare i computer, “pass” indispensabili per poter utilizzare gli ascensori, e caricatori per il vostro fucile (ce ne sono di quattro tipi diversi, e la loro potenza varia a seconda del colore). Questi oggetti (uno per ogni stanza) saranno però custoditi da un robot (rosa) o da un alieno (verde), che dovrete distruggere per potervene impadronire. L’alieno è praticamente inoffensivo, dato che è sufficiente abbassarsi per evitarne i colpi; dal colpo del robot rosa, invece, è impossibile fuggire: questo tipo di nemico va pertanto abbattuto prima che faccia troppi danni. Come ho anticipato prima, esistono quattro modelli di caricatore, di potenza via via crescente: con quello rosso vi serviranno otto proiettili per distruggere un nemico, con quello verde ne basteranno quattro, con quello giallo soltanto due, mentre con quello viola ne basterà uno. Se rimanete a secco, il fucile si ricaricherà con un proiettile di tipo “rosso” ad intervalli regolari. I “pass” per gli ascensori possono essere di due tipi: uno vi servirà per scendere, mentre l’altro servirà per salire. Le card per accedere ai computer invece saranno di quattro colori diversi, ognuno corrispondente ad un piano. Oltre agli alieni ed ai robot, avrete però un nemico ben più pericoloso: l’atmosfera dell’astronave, infatti, è priva di ossigeno, e la vostra riserva non è illimitata; oltre a ridursi con il passare del tempo, subirà un netto calo ogni qual volta verrete colpiti da un proiettile. Per vostra fortuna ci sono alcune stanze in cui è presente una ricarica di “oxy – gum”, ma dovrete imparare a sfruttarle saggiamente per evitare di rimanere a secco. Se perderete una vita, vi verranno sottratti anche tutti gli oggetti (tranne i pezzi di ordigno) e le armi raccolte.

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Un robot un po’ “allegro” ma molto pericoloso… Dato che siamo a corto di munizioni è meglio darsela a gambe!

Per poter individuare ciascun pezzo dell’ordigno non sarà sufficiente accedere al relativo computer con la card del giusto colore: dovrete infatti risolvere un anagramma, la cui soluzione può sembrare impossibile all’inizio, ma sarà sufficiente prestare attenzione allo schermo dei titoli ed alla tabella dei record (assicuratevi di farlo prima di cominciare a giocare!) per capire il meccanismo… e non vi dico altro! Se risponderete correttamente, il computer vi mostrerà la vostra posizione sulla mappa e quella del pezzo di ordigno scoperto. I pezzi sono sempre negli stessi posti, ma non potrete prenderli prima di aver attivato il relativo computer…

La visuale è in prospettiva frontale: potrete girarvi solo di 180 gradi, o spostarvi lateralmente (se non ci sono pareti ad impedirvelo): in quest’ultimo caso, il vostro personaggio verrà automaticamente ruotato di 90 gradi nella schermata successiva (per fare in modo che lo vediate sempre frontalmente). Avrete a disposizione una preziosissima bussola, nonché un sistema di coordinate che vi aiuterà a non perdere l’orientamento: infatti le locazioni (o meglio, le “caselle”) sono tutte molto simili tra loro, e anche con una mappa a portata di mano è molto facile smarrire la strada! Dovrete solo cercare di tenere sempre a mente il piano in cui vi trovate, perché quest’indicazione non vi verrà data su schermo…

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Visto così, l’ordigno non sembra pericoloso…

Una volta che avrete imparato ad affrontare gli alieni e realizzato una mappa dettagliata di ogni piano (con l’indicazione dei computer, degli ascensori – ognuno di essi collega soltanto due piani -, dei pezzi e delle riserve di “oxy gum”) non ci metterete più di un paio d’ore per venire a capo di questa fase: l’importante è affrontare prima gli alieni verdi, costruirsi un bell’arsenale e recuperare i pass per gli ascensori; una volta trovati i proiettili più potenti potrete sconfiggere facilmente anche i robot rosa; in base alle card disponibili dovrete studiare un percorso che vi consenta di trovare i computer più vicini e risparmiare ossigeno. Gli oggetti vengono rilasciati sempre nella stessa sequenza (pass per scendere, caricatore verde, card rossa, card viola, caricatore giallo, pass per salire, card gialla, caricatore, card verde, caricatore, card, ecc.), ed è possibile mettere il gioco in pausa in qualsiasi momento, per studiare la mossa successiva senza perdere ossigeno prezioso (potrà sembrare un modo per imbrogliare, ma se è stato previsto ci sarà un motivo!).

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Il supercomputer finale! Abbiamo già recuperato i dodici pezzi, e stiamo per far saltare tutto in aria!

Dopo aver raccolto tutti i pezzi della bomba, dovrete raggiungere l’ultimo computer, che vi fornirà la parola chiave per poter accedere alla

SECONDA FASE (THE TORTURED LAND)

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Finalmente si vola!

Dopo aver fatto saltare in aria la fortezza aliena salirete a bordo di un aereo da guerra, con il quale dovrete spianare la strada a suon di bombe ad un mezzo di terra (una jeep) progettato per distruggere il guardiano mutante che il perfido Gog ha posto all’ingresso della sua dimora. I due mezzi entrano in gioco separatamente: guiderete quindi dapprima l’aereo, con cui sorvolerete una “terra torturata” che scorre verticalmente. Il vostro obiettivo, come già anticipato, è quello di bombardare tutto ciò che potrebbe ostacolare il percorso del fuoristrada. Le bombe a vostra disposizione sono in numero limitato, per cui dovrete fare attenzione a non sprecarle. Il nemico non se ne starà con le mani in mano, e vi attaccherà con aerei ed elicotteri equipaggiati con armi micidiali: il contatto con i mezzi non è letale, ma quello con i loro proiettili vi farà perdere energia preziosa. La vostra scorta di carburante, ovviamente, diminuisce costantemente durante il volo: se rimarrete a secco, l’aereo precipiterà, e passerete direttamente ai comandi del fuoristrada. Il vostro velivolo è dotato di mitragliatrice, che all’inizio sparerà molto lentamente ed a corto raggio, ma che potrà essere potenziata raccogliendo degli appositi bonus; questi si ottengono ogni due nemici abbattuti, e possono essere di quattro tipi diversi: la “P” potenzierà la capacità di sparo dell’aereo; la “F” vi rifornirà di un piccolo quantitativo di carburante; la “L” abiliterà il “lock-on” (non chiedetemi di cosa si tratta, perché non l’ho capito… Ho solo notato che rende più difficile lo sgancio delle bombe… purtroppo è una caratteristica che non è documentata, forse perché rimasta inattuata nella versione finale del gioco); infine, la “G” darà una granata in più al fuoristrada.

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Fortunatamente non ci sono treni da queste parti…

Una volta sorvolato tutto il territorio, o nel caso in cui abbiate esaurito l’energia o il carburante, vi troverete di nuovo al punto di partenza, ma alla guida della jeep: anche in questa sezione lo scorrimento è continuo (ma più lento), e se rimanete incastrati tra un ostacolo e il bordo inferiore dello schermo dovrete dire addio ad una delle vostre tre vite. Gli ostacoli fissi possono essere evitati o distrutti con le granate (se non vi avevate già provveduto con l’aereo), ma il paesaggio non sarà la vostra unica preoccupazione, dato che verrete costantemente attaccati da tre tipi diversi di unità nemiche: carri armati (un po’ sproporzionati, a dire il vero), che possono sparare solo nella propria direzione di marcia; fuoristrada, che sparano in direzione del vostro mezzo (e difficilmente mancano il bersaglio); ed, infine, elicotteri, anch’essi dotati di una mira pressoché infallibile. Potrete rispondere al fuoco nemico con la vostra mitragliatrice (con cui potrete sparare anche lateralmente), ma dovrete mandare a segno due colpi prima di poter distruggere ciascun avversario: questo rende quasi impossibile uscire illesi dall’attraversamento di ponti e passaggi particolarmente stretti, considerando anche il fatto che non potete sparare più velocemente della frequenza di fuoco stabilita dal gioco. Inoltre il vostro mezzo non può muoversi né sparare in diagonale: evitare i colpi nemici (che sono enormi, tra l’altro!) diventa così un’impresa al limite dell’impossibile. A nulla serve fare incetta di “P”, dato che hanno effetto soltanto sull’aereo (per non parlare poi della “L”, che sembra aver effetto soltanto sul pannello superiore della prima parte!). L’unica arma veramente efficace in questa seconda ed ultima parte del gioco ce l’avete appoggiata sul sedile di guida del fuoristrada…

Ogni volta che perderete una vita verrete rispediti indietro al punto di ripartenza più vicino: ciò vuol dire che, se c’è un punto particolarmente difficile e l’avete superato grazie all’arma di cui sopra, nel caso in cui perdiate una vita dovrete comunque rifarlo, se non siete riusciti a raggiungere il successivo. Ci sono anche un paio di bug che vi renderanno la vita particolarmente difficile: in alcuni punti i carri armati spareranno inspiegabilmente nella vostra direzione (e vi centreranno con una probabilità del 90%, considerando il fatto che una cosa del genere non ve l’aspettavate!); può anche capitare che, se vi resta pochissima energia e venite colpiti, la vostra energia continuerà a diminuire anche quando inizierete a giocarvi la vita successiva…

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Difficilmente riuscirete ad arrivare a questo punto senza “barare”…

Il sistema di controllo, poi, è parecchio scomodo: per sganciare le bombe (o le granate) dovrete tirare indietro la leva del joystick e premere il pulsante; ciò vuol dire che vi partirà inevitabilmente qualche bomba durante le manovre più impegnative. Questo potrebbe non essere un grande problema, però, se consideriamo che è abbastanza difficile centrare un bersaglio sul terreno, data la mancanza di un mirino o di un eventuale indicatore!

Le proporzioni dello schermo rendono poi difficoltose alcune manovre, soprattutto con l’aereo: l’area di gioco è infatti compressa tra un pannello superiore su cui sono rappresentate le bombe (o le granate), le vite a disposizione e gli indicatori relativi all’energia ed al carburante (oltre al misterioso messaggio “Manual Launch” – “Lock on Enabled”) ed un pannello inferiore su cui è riportato il punteggio, e spostarsi dall’estremità sinistra a quella opposta dello schermo (e viceversa) – magari per inseguire un nemico – richiede tantissimo tempo – così tanto che non solo il nemico che inseguivate potrà tranquillamente fuggire, ma anche quello che nel frattempo sopraggiungeva alle vostre spalle riuscirà a farla franca -! Fortunatamente la sequenza degli attacchi è sempre la stessa, ed imparandola a memoria riuscirete a potenziarvi in poco tempo e a scampare alle incursioni più pericolose.

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Meglio lasciar perdere quei due: pensiamo ad evitare i loro colpi e aspettiamo il resto della flotta!

Se la prima parte può diventare perfino divertente dopo un po’ di partite di pratica, la seconda è di una difficoltà mostruosa: la frequenza di fuoco imposta dal gioco rende spesso impossibile abbattere un nemico prima che riesca ad attaccarvi, e se consideriamo che difficilmente ne dovrete affrontare uno alla volta vi renderete conto che, ad un certo punto, non potrete far altro che limitarvi a cercare di evitare i loro colpi, posizionandovi in anticipo nei punti in cui avrete maggior libertà di movimento. Inoltre, la distanza tra un “check-point” e l’altro è eccessiva, ed alcune zone sono veramente difficili da superare, soprattutto quelle che prevedono l’attraversamento di ponti o passaggi stretti. Ciliegina sulla torta: se sarete tanto bravi (o imbroglioni, o fortunati…) da arrivare alla fine del percorso, il gioco andrà in crash (nella versione cassetta) o vi riporterà allo schermo dei titoli (nella versione disco), in quest’ultimo caso senza nemmeno farvi inserire il nome nella tabella dei record, e senza darvi la parola chiave per accedere alla terza parte: pare infatti che questo livello sia rimasto “incompiuto”, dato che manca lo scontro con il guardiano mutante, che invece è presente nella versione Spectrum (come si evince da una schermata riprodotta sul retro della copertina del gioco), e di cui le istruzioni parlano molto chiaramente…

L’unico modo per accedere alla

TERZA FASE (THE CATACOMBS)

consiste nel cercare di caricarla al posto del secondo livello mandando avanti il nastro dopo aver superato il primo (non ci ho provato, ma non escludo che si possa fare), oppure nell’indovinare la password (fortunatamente un po’ tutte le riviste dell’epoca la pubblicarono).

Quest’ultima fase è ambientata nelle viscere della Terra, dove il perfido Gog ha costruito il suo bunker:, dovrete attraversare vari corridoi prima di giungere al suo cospetto e dargli una lezione. I corridoi sono strutturati su più livelli, ognuno dei quali è composto da due piani visualizzati contemporaneamente sullo schermo. Troverete degli ascensori (posizionati automaticamente sul piano sul quale vi trovate) con cui potrete spostarvi da un piano all’altro e da un livello all’altro.

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Al piano di sotto tira una brutta aria…

Verrete attaccati incessantemente (e da entrambe le direzioni) da quattro tipi di nemici: robot antropomorfi, sfere rimbalzanti, cannoni semoventi e “maiali” volanti (non ho capito bene cosa siano!). Colpirli e distruggerli è semplicissimo (a meno di non spararli quando si trovano all’estremità dello schermo: lì i vostri proiettili non arrivano!), mentre evitare i loro colpi può diventare impossibile (se vi sparano a media altezza siete praticamente morti): spesso, infatti, l’unico modo per uscire indenni da uno scontro è quello di eliminare il vostro nemico prima che abbia sparato, cosa tutt’altro che semplice – data la relativa lentezza dei vostri proiettili – soprattutto nel caso in cui egli sopraggiunga alle vostre spalle mentre avanzate.

Un’altra complicazione è rappresentata dalla gestione degli ascensori: nonostante che la salita e la discesa avvengano quasi all’istante, passare da un piano all’altro richiede che entrambi siano liberi da nemici; può avvenire, ad esempio, che ci si sia posizionati sulla pedana posta sul piano alto del livello e ci si voglia semplicemente abbassare: spostare la leva del joystick verso il basso, in questo caso, comporterà invece la discesa al piano inferiore, magari in quel momento attraversato da un paio di nemici (e relativi proiettili)…

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L’ascensore è bloccato: per farlo salire bisogna andare al piano di sopra utilizzando quello situato in fondo al corridoio. Occhio alla trappola…

Come se non bastasse, dovrete anche fare attenzione alle trappole che di tanto in tanto troverete sul vostro cammino: queste si aprono soltanto quando vengono calpestate, e comportano la caduta al piano inferiore (magari in braccio ad un nemico, come al solito!); il bello è che si richiudono all’istante, e ciò rende difficile la precisa individuazione del punto in cui sono situate. Per poterle evitare, infatti, bisogna saltarle con precisione millimetrica, prendendo il fondale (caratterizzato purtroppo dalla ripetizione di pochi elementi grafici) come riferimento. Data la scivolosità dei pavimenti (gli scagnozzi di Gog devono essersi divertiti a passare la cera!), sarà molto difficile fermare l’eroe nel punto desiderato, per cui è sempre meglio saltare mentre si è in movimento…

Come avrete intuito, questo livello (come il precedente) è caratterizzato da una difficoltà mostruosa, aumentata dall’aleatorietà degli incontri (e dei conseguenti scontri). Per poterne avere ragione è bene sapere che possono essere presenti su schermo soltanto tre nemici per volta (indipendentemente dalla loro posizione). E’ meglio procedere sparando continuamente e abbassandosi di tanto in tanto, per poter distruggere i cannoni prima che sparino. I maiali volanti possono essere evitati avanzando di un passo appena entrano nell’area visibile e poi abbassandosi; quando arrivano alle spalle bisogna girarsi tempestivamente e sparare (abbassandosi soltanto per il tempo necessario ad evitare i loro colpi). Infine, è praticamente d’obbligo disegnare una mappa, su cui segnare le trappole e i vicoli ciechi: in questo modo sarà più facile individuare il percorso più breve e sicuro per giungere al cospetto di Gog.

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Vi presento Gog: coi nostri proiettili non lo raggiungeremo mai (il gioco ci impedisce di sparare verso l’alto!) ma quel fuocherello sotto di lui potrebbe esserci utile…

Purtroppo, anche con questi accorgimenti, non sono riuscito ad arrivare allo scontro finale se non utilizzando la funzione di salvataggio offerta dall’emulatore CCS64. L’azione non è frenetica, ma il giocatore può trovarsi facilmente in situazioni senza via d’uscita (come nel caso in cui un nemico abbia sparato un proiettile a mezz’aria); la scarsa manovrabilità del personaggio e la lentezza dei suoi proiettili rendono eccessivamente complesse anche le manovre più banali (come girarsi e sparare un nemico che sopraggiunge alle spalle). I progressi sono molto lenti, e la voglia di riprovare viene completamente meno quando ci si accorge che il tutto è governato principalmente dal caso: tre vite non sono sufficienti nemmeno per i più fortunati. Questa fase sarebbe stata molto più interessante se il programmatore avesse inserito una barra d’energia per ogni vita, controbilanciando la maggiore facilità del gioco con un tempo limite (presente nella versione Spectrum) entro cui giungere alla tana del mostro. Inoltre, fornire il protagonista con dei proiettili un po’ più veloci avrebbe reso più equilibrati (e meno casuali) gli scontri.

In definitiva, The Vindicator ha deluso quasi completamente le mie aspettative: dopo una prima fase interessante e coinvolgente (anche per via di un sonoro di grande atmosfera e di una grafica molto dettagliata, seppur poco varia) mi sono trovato di fronte ad una seconda fase programmata in modo approssimativo, caratterizzata da un livello di difficoltà elevatissimo e da pessime scelte di progettazione. In particolare, mi ha molto deluso il fatto che questa parte del gioco sia rimasta incompiuta (a questo proposito ho contattato anche l’autore, John Meegan, che purtroppo non mi ha saputo fornire informazioni a riguardo – sono passati quasi trent’anni -, ma ha ammesso che i suoi giochi fossero molto difficili e frustranti da giocare…), rendendo di fatto impossibile l’accesso all’ultima fase (se non con l’utilizzo dei trucchetti che ho già menzionato). E’ un vero peccato, perché la grafica è molto buona, ed il sonoro è eccellente (in alcune musiche vengono utilizzati anche degli strumenti campionati): se si fosse dedicata la stessa cura alla giocabilità ci saremmo trovati di fronte ad un capolavoro indiscusso.